Il genio natio contaminato da conversationi composte da inevitabile fatalità. Biagio Marini a Brescia, Neuburg e Padova Visualizza ingrandito

Il genio natio contaminato da conversationi composte da inevitabile fatalità. Biagio Marini a Brescia, Neuburg e Padova

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Autore Paolo Alberto Rismondo
Collana Recercare - Rivista per lo studio e la pratica della musica antica - Journal for the study and practice of early music
Dimensioni 17×24, pp. 158
Anno 2015
ISBN 9788870968125

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L’articolo offre nuovi documenti che permettono di far luce su alcuni particolari momenti della biografia di Biagio Marini. Un documento bresciano fornisce qualche indicazione circa la sua prima istruzione musicale: il padre, Feliciano Marini, fu virtuoso di cetra attiorbata, strumento finora poco documentato, e fu attivo verso la fine del Cinquecento presso la corte polacca e probabilmente presso altre corti nord-europee. La permanenza di Biagio Marini alla corte di Neuburg, quale «maestro della musiche da camera e musico riservato», e le tensioni che si vennero a creare con il maestro di cappella di quella corte, Giacomo Negri, ebbero forse qualche riflesso sulle contraddittorie datazioni che compaiono nei frontespizi e nelle dediche delle raccolte musicali da lui pubblicate in quel periodo (dall’opera 6 all’opera 9). Il contributo di due mottetti alla raccolta miscellanea Sacra corona (Venezia, 1656) è forse da porre in relazione con i rapporti che Marini andava stringendo in quegli anni con il vescovo di Padova Giorgio Corner (1613–1663), del quale fu infatti «maestro di camera» almeno tra marzo e luglio 1657. Una serie di «polizze mensuali», in cui sono elencati i membri della corte di Corner tra 1650 e 1661, sia pur con notevoli lacune, ci fornisce notizie sull’esistenza di una piccola cappella musicale, guidata da Francesco Petrobelli — a quel tempo maestro della cappella della cattedrale di Padova—, e attiva in seno a quella corte almeno tra gennaio 1653 e marzo 1654. Delle possibili attività di Biagio Marini nell’ambito delle accademie veneziane possiamo trovare qualche annotazione sparsa in opere del tempo, come la Carta del navegar pittoresco (1660) di Marco Boschini. Dai documenti emerge infine che gli ultimi anni di vita di Marini furono amareggiati da un grave episodio che vide coinvolto suo figlio Giovanni Nicola: questi fu accusato di aver rubato una ingente somma di denaro dai forzieri del vescovado di Padova. Giovanni Nicola confessò il delitto e fu condannato a morte. Tuttavia, Biagio Marini presentò al Consiglio dei Dieci una supplica chiedendo che fosse celebrato un nuovo processo davanti allo stesso consiglio, dal quale evidentemente sperava di ottenere maggior clemenza. La sentenza di morte venne commutata in dieci anni di carcere duro; ma Biagio si spense solo pochi mesi dopo. In chiusura dell’articolo viene offerta una sintetica ricostruzione delle successive vicende familiari dei discendenti del compositore.