Memoria e soggettività tra lamento e passacaglia nella produzionedi György Ligeti Visualizza ingrandito

Memoria e soggettività tra lamento e passacaglia nella produzionedi György Ligeti

Autore Donatella Meneghini
Curatela Susanna Pasticci
Collana Rivista di Analisi e Teoria Musicale
Dimensioni 17×24, pp. 294
Anno 2014
ISBN 9788870968064

Perché in piena sperimentazione novecentesca una forma legata al passato come la passacaglia funge da supporto a diverse composizioni di György Ligeti? Nei quattro anni di silenzio che intercorrono tra l’opera Le Grand Macabre (1978) e il Trio per violino, corno e pianoforte (1982), la passacaglia sembra aver costituito un valido ausilio per la definizione di una scrittura più articolata. Non solo: all’incrocio tra spazio e tempo e forma e struttura, e all’insegna di un profondo senso della storia, il meccanismo della ripetizione tipico della passacaglia offre al compositore un modello ideale, un punto di incontro tra innovazione, storicità della forma e realizzazione di una temporalità immobile. Nel quarto movimento del Trio, la combinazione dell’ostinato con il tòpos del lamento – derivato dai bicordi iniziali del pezzo, carichi di eredità culturale – metterà in gioco fattori come memoria, passato, soggettività. L’analisi delle opere successive suggerisce una lettura ermeneutica piuttosto sorprendente che considera la passacaglia, oltre che come forma, anche come principio costruttivo in grado di plasmare le opere dall’interno e di sintetizzare tutto il percorso compositivo dell’autore, “dalle origini alle origini”.