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Il clavecin oculaire, aspetti costruttivi. Con riferimenti alla sua ricezione in Italia

Autore Luisella Donato
Collana Recercare - Rivista per lo studio e la pratica della musica antica - Journal for the study and practice of early music
Dimensioni 17×24, pp. 230
Anno 2013
ISBN 9788870967319

PDF Torrossa

Scopo principale del presente studio è fornire un’ipotesi organologica relativa alle sperimentazioni di Louis-Bertrand Castel (1688–1757) sul clavecin oculaire e apportare nuove informazioni riguardanti la ricezione dello strumento in Italia. Le riflessioni intorno all’analogia tra colori e suoni e alla possibilità di unione sensoriale tra vista e udito nell’esperienza artistica portano Castel alla contemplazione di un sistema in cui armoniosamente si dispiegano, in un’estensione di dodici ottave, dodici semitoni cromatici e dodici sfumature di colori, temperati secondo un procedimento analogo alla coeva prassi musicale. Negli anni tra il 1725 e il 1757 Castel, dopo aver enunciato le sue teorie, per suffragarne la veridicità affronta la costruzione di uno strumento in grado di generare contemporaneamente suoni e colori. Sebbene non siano stati ritrovati fino ad oggi modelli sperimentali, né disegni, tuttavia è stato possibile delineare le peculiarità strutturali del clavecin oculaire attraverso le descrizioni di Castel e le osservazioni dei testimoni dell’epoca: Diderot, Voltaire, Rousseau, Rameau. Anche Georg PhilippTelemann, che vide lo strumento nel laboratorio di Castel, ne descrisse il funzionamento nel 1739; negli anni successivi il nuovo clavicembalo divennne fonte di ispirazione per ulteriori evoluzioni dell’idea in area germanica: Schröter realizzò un simile progetto ma con una meccanica a tangenti; Krüger nel 1743 e von Eckartshausen nel 1791 intervennnero con nuove proposte. Castel realizzò dapprima un sistema per collegare la tastiera di un clavicembalo o di un organo a un contenitore dal quale fuoriescono strisce di seta nei colori dell’arcobaleno. La seconda meccanica, comparabile a un ‘organo di luci’, è realizzata sul principio della lanterna magica: tante unità generatrici di colori, lenti gradualmente sfumate nei colori dell’iride, racchiuse in un corpo unico e rese vitali dalla luce di candele o lanterne. Castel giunse così all’esatta corrispondenza, secondo i parametri da lui teorizzati e sperimentati, tra la percezione uditiva della musica e la visione dei colori in movimento.