L’Antichità attraverso il filtro dell’opera seria
Ciro in Babilonia di Rossini dalla Bibbia alla scena
Autore | Cristina Barbato |
Collana | Sediziose voci. Studi sul melodramma |
N. | 9 |
Dimensioni | 17×24, pp. XI+228 |
Anno | 2020 |
ISBN | 9788855430678 |
Le messinscene d’opera, in particolare di quelle a tema storico, richiedono ai registi di misurarsi con il divario tra il tempo della composizione, il tempo della narrazione e il tempo della ricezione. La situazione si complica quando il dramma musicale appartiene a un genere fortemente radicato nel passato come l’opera seria del Settecento, di cui il Ciro in Babilonia (1812) rossiniano è uno degli ultimi esempi. Dopo un’assenza durata esattamente due secoli, questo titolo è tornato in scena nel 2012 con la regia di Davide Livermore. L’artista ha scelto di attualizzare le modalità di ricezione, rappresentando l’Antichità così come era percepita dal pubblico degli albori del cinema. L’articolo studia come questa messinscena, mescolando diversi generi artistici, abbia permesso a pubblico e critica di riscoprire Ciro di Babilonia, mettendo in una nuova luce quest’opera giovanile del compositore di Pesaro.