Forma e unità tematica nei Concerti di György Ligeti Visualizza ingrandito

Forma e unità tematica nei Concerti di György Ligeti

Autore Donatella Meneghini
Collana Studi e Saggi
N. 14
Dimensioni 17×24, pp. XII-221
Anno 2018
ISBN 9788870969221

La questione della forma, ovvero la creazione di forme musicali complesse, ha sempre dominato il processo compositivo di György Ligeti. Una concezione fortemente influenzata dalla facoltà immaginativa: forma come edificio, architettura nello spazio, rete, ragnatela, nodi, tessuto, tappeto, ramificazioni, labirinto, formula della clorofilla…


Poi fu la volta di una vera e propria meraviglia […] la struttura chimica della clorofilla […]. Quell’illustrazione mi colpì, lasciando dentro di me una traccia indelebile […]. Non è una cosa del tutto statica: è una ‘statica dinamica’ […]. Un’idea costruttiva […]. Vi si ritrovano delle connessioni simili ai nodi di una rete.


Per quale motivo un compositore dalla mente assimilatrice tale da tradurre in musica suggestioni provenienti dagli ambiti più disparati, e dall’evoluzione estremamente complessa e articolata, dedica periodicamente una composizione a una delle forme storiche per eccellenza come quella del concerto? L’indagine sui Concerti per strumento e orchestra, che costellano a intervalli più o meno regolari tutta la produzione musicale del compositore ungherese dal suo arrivo a Colonia (inizio 1957), in poi, si sviluppa in duplice direzione: verso l’esterno, secondo quello che Ligeti definisce «lo sguardo storico retrospettivo», ossia la consapevolezza dell’impossibilità di poter prescindere dal passato, e verso l’interno, in un novecentesco spostamento dalla forma alla struttura e ai procedimenti compositivi, alla ricerca di costanti strutturali e di tòpoi per verificare se, così diversi e lontani tra di loro all’ascolto, i cinque Concerti possano costituire l’espressione variegata, sfaccettata e talvolta imprevedibile di un’unica poetica che vede nella consapevolezza dell’inesorabilità dello scorrere del tempo il suo tema fondamentale.
Ma l’analisi non può dirsi esaustiva senza la lettura del Trio (1982), la cui cellula iniziale dalla prorompente personalità, veicolando nuovi e importanti elementi, informerà di sé i Concerti successivi consentendone una lettura affatto particolare, forse inaspettata in questo compositore che, pur in stretto contatto con la cerchia della Neue Musik del secondo dopoguerra, si è sempre distinto per la sua ribadita autonomia di pensiero.